Nessuno dovrebbe sorprendersi: le gravi conseguenze che possono scaturire dall’abitudine a fumare non sono certo una novità. Date le circostanze però, può essere utile specificare in che maniera e in quale misura il tabagismo possa rappresentare una criticità aggiuntiva nei pazienti affetti da Covid-19.

Non una semplice deduzione: le evidenze scientifiche sul tema ed i dati raccolti crescono di giorno in giorno, andando a confermare quello che il buon senso di ciascuno già suggeriva. Ad esprimersi ufficialmente è infatti l’Istituto Superiore di Sanità attraverso un comunicato stampa in cui si spiega chiaramente che “il rischio di sviluppare una polmonite severa da Covid-19 aumenta in modo significativo in pazienti con storia di uso di tabacco”.

Nello specifico, l’ISS indica un fattore di 3 nella valutazione dell’aumento del rischio di sviluppare una polmonite grave nei pazienti fumatori, cui si aggiunge la probabilità più che raddoppiata di andare incontro a conseguenze gravi (necessità di ventilazione meccanica, ricovero in terapia intensiva, morte). Anche le ricerche condotte in Cina hanno prodotto risultati analoghi: i fumatori rientrerebbero 9 volte più spesso tra i casi con decorso critico ed i fumatori abituali costituirebbero il 27% dei pazienti con criticità. Tutto ciò spiegherebbe la differenza nella letalità riscontrata tra uomini e donne, e la grande presenza di fumatori tra i pazienti sottoposti a ricovero.

Insomma, il fumo si posiziona subito dopo l’età avanzata tra i fattori di rischio del Covid-19: riguardo al primo non c’è nulla che possiamo fare, ma sull’abitudine al tabagismo si può sempre intervenire. Quella che stiamo attraversando è una vera e propria emergenza, ma potrebbe essere per molti l’occasione per rinunciare a quest’abitudine estremamente dannosa e potenzialmente letale.