Secondo solo al morbo di Alzheimer in termini di diffusione, il morbo di Parkinson è una delle malattie neurodegenerative più frequenti della terza età: in Italia sono circa 300mila i malati, perlopiù individui di sesso maschile con un’età media compresa tra i 59 ed i 62 anni.

La cura, come sappiamo, non esiste: conosciamo la causa della sua insorgenza, che risiede nella morte progressiva di quelle cellule del cervello che producono la dopamina, un neurotrasmettitore essenziale nel controllo e nel coordinamento dell’attività motoria, e siamo in grado di intervenire solo attraverso terapie farmacologiche che rallentino l’avanzamento della malattia ed il decadimento psicofisico del paziente.

In malattie come il Parkinson la diagnosi precoce è perciò fondamentale: solo attraverso la sua formulazione è infatti possibile intervenire a livello terapeutico in maniera tempestiva, rallentando sin da subito il decorso della patologia. Ciò è possibile anche attraverso l’individuazione ed il riconoscimento di alcuni piccoli segnali che talvolta precedono sintomi inequivocabili come il tremore, e che si possono manifestare molto prima che la malattia diventi evidente e conclamata.

Vediamo quali sono:

  • Perdita dei sensi di gusto e olfatto con conseguente incapacità di percepire e distinguere odori e sapori;
  • Disturbi e fastidi riguardanti il tratto urinario (frequente necessità di minzione) e l’apparato digerente (sensazione di gonfiore, costipazione): in entrambi i casi si tratta di condizioni riconducibili all’influenza della malattia sul sistema nervoso;
  • Alterazione della sudorazione, che può aumentare o diminuire, con conseguente modificazione delle caratteristiche della pelle che può diventare oleosa, seborroica;
  • Rem behavior disorder (RBD) e altri disturbi del sonno: l’RBD si verifica durante la fase Rem, quando il sonno si fa più profondo, e consiste in una serie di attività motorie e verbali, talvolta violente, compiute involontariamente (gesticolare, parlare, urlare, imprecare, tirare pugni e calci);
  • Bradicinesia, ovvero il rallentamento di movimenti volontari che diventa evidente nelle operazioni quotidiane e banali, ad esempio nel lavarsi e vestirsi;

  • Ridotto movimento di un braccio: è facilmente riconoscibile nella minore oscillazione di un braccio rispetto all’altro durante la camminata. Si spiega con il fatto che il Parkinson esordisce sempre in modo asimmetrico, coinvolgendo prima una parte del corpo e solo successivamente l’altra;

  • Difficoltà nella scrittura: la calligrafia si modifica fino a diventare indecifrabile, rimpicciolendosi e contraendosi in particolare alle fine di una parola o di una riga, e facendosi meno fluida, con gruppi di lettere immotivatamente intervallati da spazi. Alcune lettere presentano per il malato particolari difficoltà, dovute alla presenza di occhielli (e,l) o alla somiglianza (n,m);

  • Cambiamenti del tono di voce, che può modificarsi diventando flebile e monotono;
  • Problemi di deglutizione con conseguenti episodi di disfagia e aumento dell’accumulo di saliva in bocca;
  • Mancanza di espressione facciale: la perdita di dopamina può interessare i muscoli facciali rendendoli rigidi e lenti;

  • Depressione o, più in generale, modificazione del carattere e dell’umore: la tristezza inizia a manifestarsi con frequenza, così come l’affaticamento, l’ansia, l’apatia e l’indifferenza emotiva. Frequenti anche gli scoppi d’ira e gli episodi di amnesia.

In conclusione, va fatta una precisazione: in presenza di uno o più di questi segnali, è consigliabile rivolgersi subito al medico curante, senza però dimenticare che quelli elencati sono sintomi molto generici, che possono essere estremamente significativi in caso di Parkinson ma anche riconducibili ad altre condizioni e patologie decisamente meno preoccupanti.