Il cuore è un organo potente ed efficiente: ogni giorno, contraendosi migliaia di volte, pompa litri di sangue verso le periferie del nostro corpo. A lungo andare quest’attività continua può però deteriorarne le prestazioni: è in questo caso che parliamo di scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca.

L’insufficienza cardiaca è una patologia seria, che si verifica quando il cuore non è più in grado di pompare la quantità di sangue adeguata alle necessità del nostro organismo e che può comportare danni importanti: un cuore affaticato, che non svolge più alla perfezione le sue funzioni, può determinare il mancato apporto di ossigeno e sangue a organi e tessuti compromettendone la funzionalità, e/o l’accumulo ed il ristagno di liquidi a livello degli arti inferiori o dei polmoni, con conseguenza di edema.

Al malfunzionamento del muscolo cardiaco possono contribuire il deterioramento delle valvole cardiache e l’insorgenza di patologie cardiovascolari quali la fibrillazione atriale, l’aritmia, l’aterosclerosi o l’ipertensione.

Si tratta di una condizione che spesso viene sottovalutata: fiacca, affanno, palpitazioni, stanchezza e difficoltà nell’affrontare gli sforzi sono sintomi generici, poco specifici, e facilmente riconducibili alla condizione che normalmente si imputa all’età che avanza.

Allo scopo di quantificare l’affanno e la stanchezza in un paziente, si ricorre alla classificazione di questi secondo la classe NYHA:

  •        NYHA I: assenza del sintomo sia a riposo che durante lo sforzo ordinario
  •        NYHA II: l’affanno è assente a riposo ma è presente nelle attività comuni
  •        NYHA III: il sintomo è assente a riposo ma il soggetto è molto limitato nello svolgimento di attività fisica nella vita quotidiana
  •        NYHA IV: l’affanno è presente sia con sforzi fisici minimi che a riposo

Se sottovalutata e non tempestivamente diagnosticata, l’insufficienza cardiaca presenta indici di mortalità estremamente alti.

Come prevenire lo scompenso?

È sicuramente importante effettuare regolarmente degli esami di screening: elettrocardiogrammi già a partire dai 35/40 anni, controllo costante della pressione, prove da sforzo ed ecocardiografia ogni 4/5 anni dopo i 50 anni e, dopo i 60, ricorso al consulto presso il medico di base ed il cardiologo in presenza di fattori di rischio e di sintomi.

È inoltre importante l’osservazione di una terapia comportamentale opportuna che comprenda un corretto stile di vita, abitudini alimentari volte a ridurre l’apporto calorico, di sale e di grassi, una moderata attività fisica ed il controllo dei fattori di rischio quali fumo, ipertensione, diabete e sovrappeso.