La malattia o morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa negli anziani: si manifesta attraverso sintomi quali afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, perdita di autonomia, problemi comportamentali e, come nelle altre forme di demenza, perdita progressiva delle facoltà mentali basilari.

Sono almeno 492.000 gli individui affetti dal morbo di Alzheimer in Italia e 26,6 nel mondo: un numero elevatissimo di persone bisognose di continua assistenza. Il progredire della malattia porta infatti inevitabilmente alla perdita totale dell’autonomia del paziente, il quale non è più in grado di gestire i propri bisogni primari e necessita di cure costanti: le abilità linguistiche risultano ridotte, l’aggressività caratteristica degli stadi iniziali della malattia viene meno lasciando spazio all’apatia e alla stanchezza, la mobilità e la capacità di eseguire compiti semplici si deteriorano.

È in questo stadio della malattia che il caregiver, sia esso un familiare o una persona esterna, assume un’importanza fondamentale nella vita quotidiana del malato: con questo termine, derivato dalla lingua anglosassone ed ormai entrato stabilmente nell’uso comune, intendiamo infatti letteralmente “colui che si prende cura”.

Per poter svolgere un’adeguata attività di assistenza, egli deve conoscere la malattia e le conseguenze che comporta nella vita del malato, prendersene quotidianamente cura, adoperarsi nel limitare i rischi e intervenire in maniera tempestiva e risoluta in caso di pericolo.

Vediamo allora quali devono essere le sue principali mansioni:

  • Garantire al malato un abbigliamento appropriato, dignitoso e adeguato alla stagione corrente, eliminando ostacoli e difficoltà come bottoni, lampo, lacci, cinture, ecc. Particolare attenzione va dedicata all’igiene personale del paziente, che tende a trascurarla negli stadi più avanzati della malattia;
  • Rendere l’ambiente adeguato ai criteri di funzionalità e sicurezza che garantiscano il benessere psicofisico del malato, la sua mobilità e la sua tranquillità emotiva;
  • Fare in modo che l’alimentazione del paziente sia sufficiente ed adeguata alle sue esigenze, compatibilmente quindi con eventuali pataologie, e che il livello di idratazione sia sempre ottimale;
  • Limitare l’aggressività causata talvolta da amnesie e problemi cognitivi: questi atteggiamenti sono da intendere come manifestazioni di disagio ed insicurezze da parte del malato e non vanno perciò affrontate con modi troppo bruschi. Si consiglia in questi casi di mantenere un atteggiamento calmo e il più possibile rassicurante. Episodi di delirio e di diffidenza nei confronti dello stesso caregiver o dei familiari possono essere in parte limitati eliminando preventivamente ciò che può contribuire al turbamento, all’allucinazione e al delirio, come ad esempio messaggi televisivi violenti;
  • Stimolare canali comunicativi alternativi alla parola quando questa risulta ormai irrimediabilmente compromessa, garantendo la comprensione reciproca;
  • Escogitare occupazioni che permettano al malato di impiegare il proprio tempo stimolando, nei limiti del possibile, corpo e mente; è importante che egli mantenga un contatto con la realtà attraverso attività che gli garantiscono ancora una percentuale di riuscita per bilanciare i numerosi fallimenti che affronta ogni giorno;
  • Ridurre il rischio di perdersi fuori casa accompagnando il paziente quando possibile e provvedendo a munirlo sempre di documenti identificativi e che ne attestino la malattia.