Se c’è una condizione che caratterizza la terza età è la presenza di malattie croniche, in particolare negli over 65: sono infatti quasi sette milioni gli anziani in Italia ad essere colpiti da almeno una patologia o a presentare dei quadri clinici caratterizzati dalla combinazione di più malattie. Artrosi e artriti, osteoporosidiabete, cardiopatie, asma, glaucoma ed in generale malattie dell’apparato visivo, insieme a non trascurabili forme di depressione, sono solo alcune tra quelle più diffuse, con le quali circa il 50 % degli anziani è costretto a convivere.

Nella maggioranza dei casi si tratta di malattie agevolmente gestibili attraverso terapie farmacologiche che riescono a garantire una buona qualità di vita, ma è qui che il meccanismo si inceppa: sono infatti troppi, ad oggi, i malati che abbandonano o seguono in maniera approssimativa i trattamenti, vanificandone di fatto i benefici. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) solo la metà dei pazienti assumerebbe in modo corretto i farmaci, con picchi del 70% tra i più anziani, spesso soggetti a politerapia e quindi ad ulteriori difficoltà di gestione della condotta da tenere nell’assunzione corretta dei farmaci. Andando più nello specifico, in Italia solo il 57,7% dei pazienti aderisce ai trattamenti antipertensivi, il 63,4% alle terapie per la cura del diabete, il 40,3% alle cure antidepressive, il 13,4% ai trattamenti con i farmaci per le sindromi respiratorie e il 52,1% alle cure contro l’osteoporosi. Va poi considerato che il problema non riguarda esclusivamente l’assunzione dei farmaci in senso stretto, in quanto ad essere trascurate sono talvolta anche quelle regole di buona condotta cui gli anziani dovrebbero attenersi per salvaguardare la propria salute: parliamo di consigli banali, come quelli riguardanti l’alimentazione, l’attività fisica e le cattive abitudini da evitare tassativamente, come l’assunzione di alcool e il fumo.

D’altra parte è risaputo che a cronicizzare con l’avanzare dell’età è anche la testardaggine dei pazienti e la loro ostinazione nel rifiutare ogni intervento volto alla variazione di abitudini che si sono consolidate negli anni. Eppure le conseguenze possono essere pesanti: basti pensare agli interventi sanitari, al ricorso alle ospedalizzazioni e alle complicanze che possono insorgere a causa della scarsa aderenza alle prescrizioni del medico curante.

Ciò che abbiamo appena descritto rappresenta una delle circostanze in cui può essere di grande aiuto al paziente la presenza di una figura di supporto, sia essa un familiare o un caregiver esterno e qualificato professionalmente, particolarmente utile quando il soggetto risulta affetto da deficit cognitivi più o meno gravi ed invalidanti che ne compromettono ulteriormente l’autosufficienza.