L’assunzione concomitante di più farmaci, siano essi della stessa area terapeutica o meno, si indica con il termine di politerapia. La definizione è tutt’altro che recente, eppure si tratta di un fenomeno in costante crescita: l’età media della popolazione aumenta, la percentuale di individui anziani cresce e con essa aumenta logicamente quella dei pazienti affetti da patologie croniche.

Scopo della politerapia è ovviamente quello di arginare malattie e patologie, ma ciò non la rende esente da rischi: i tassi relativi a reazioni avverse sono piuttosto alti e sono dovuti prevalentemente alle interazioni tra i farmaci che possono modificarne o annullarne l’efficacia.

Gli effetti avversi dovuti all’assunzione di farmaci possono insorgere in qualsiasi paziente, ma l’anziano è ovviamente un paziente ad alto rischio: i pericoli riguardano soprattutto coloro che hanno superato i 65 anni di età, aumentando vertiginosamente superata la soglia dei 75.

Vediamo dunque quali sono le situazioni che possono verificarsi a causa delle politerapie e come arginarle:

  • Effetto cascata: si verifica quando l’assunzione di un farmaco utilizzato nel trattamento di una determinata patologia provoca un evento collaterale che non viene riconosciuto come tale bensì come sintomo di un nuovo disturbo. Ciò comporta la prescrizione di un ulteriore trattamento farmacologico che interagendo con gli altri può a sua volta determinare la medesima situazione, e così via.

    Lo scatenarsi di questo meccanismo può arrecare confusione nell’individuazione del reale quadro clinico del paziente: basti pensare agli effetti collaterali di alcuni antipsicotici che possono facilmente essere confusi con la sintomatologia legata al morbo di Parkinson. In questi casi è compito del medico valutare attentamente ogni nuovo sintomo considerandolo sempre in prima istanza come un effetto avverso ad un farmaco, provvedendo poi eventualmente alla riduzione della posologia.

  • Interazioni tra farmaci: oltre a quelle che possono verificarsi nell’ambito dei farmaci veri e propri, dei quali bisogna dunque valutare attentamente gli aspetti biochimici e l’eventuale tossicità farmacologica, bisogna prestare attenzione alla possibile interazione con le erbe medicinali e ai farmaci assunti occasionalmente, come avviene ad esempio con gli anti-infiammatori o le benzodiazepine.
  • Sovradosaggio e/o scarsa prescrizione: l’assunzione di una dose eccessiva nell’anziano è il tipo di errore in cui è molto facile incorrere. Ciò avviene perché, a causa del ridotto metabolismo legato all’età, in molti casi i farmaci devono essere prescritti in dosi minori.

    Può verificarsi anche la situazione inversa, ovvero la prescrizione di un dosaggio troppo basso e dunque inefficace di un farmaco.

  • Scarsa aderenza alla terapia: il decadimento cognitivo è una condizione frequente nell’anziano e nell’ambito della politerapia comporta l’impossibilità per il paziente di seguire ed attuare in autonomia prescrizioni e terapie troppo complesse.

Quali sono quindi i nostri consigli?

Tutte le situazioni sopraelencate sono prevedibili e dunque prevenibili.

Una possibile soluzione è evitare l’approccio multispecialistico e dunque frammentario al paziente anziano, più vulnerabile e soggetto alle interazioni tra farmaci a causa di un metabolismo carente e delle multimorbilità. La gestione di questa tipologia di pazienti andrebbe affidata ad un solo specialista in modo tale che questi possa agevolmente mantenere uno sguardo di insieme, valutando periodici monitoraggi delle terapie adeguandole alle mutate esigenze.

Inoltre possono essere in molti casi risolutivi l’intervento ed il supporto da parte dei familiari o di figure professionali qualificate che fornendo assistenza al paziente forniscono un servizio di controllo e monitoraggio nell’assunzione delle terapie prescritte.