Un nuovo studio che individua nelle alterazioni del linguaggio un segnale precoce del decadimento da Alzheimer e dunque un importante spia per la sua diagnosi tempestiva: è quello recentemente pubblicato sulla rivista Eclinic Medicine e condotto da IBM, Watson Reasearch Center e dalla multinazionale farmaceutica Pfizer.
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Un regime alimentare corretto può senz’altro contribuire a migliorare le difese immunitarie, in particolare quelle degli anziani. Ciò non vuol dire però che esistano diete anti-coronavirus o, più in generale, che esistano specifici alimenti in grado di prevenire, contrastare o guarire le infezioni, Covid-19 compreso.
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Era stata prevista, e con l’inizio dell’autunno è arrivata: la seconda ondata di contagi legati al Covid-19 sta dando luogo ad un incremento rapido e costante dei casi, preoccupando ancora la popolazione e generando nuovamente pressione sul sistema sanitario nazionale.
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La giornata mondiale contro l’ictus cerebrale, celebrata nella giornata di ieri 29 ottobre, è anche quest’anno l’occasione per puntare i riflettori su un aspetto fondamentale nella lotta alla malattia: la prevenzione.
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Siamo ormai abituati ad utilizzare il termine caregiver per indicare chi si prende quotidianamente cura di un anziano, di un malato o di un disabile. In Italia sono tantissimi, e molto spesso appartengono alla sfera familiare del paziente: si tratta di congiunti che ogni giorno, a tempo pieno, si occupano del soddisfacimento delle esigenze di chi non è più autosufficiente.
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È ormai chiaro a tutti quanto la profilassi antinfluenzale sia un argomento di cruciale importanza. Limitare la circolazione del virus influenzale e i contagi relativi ai malanni di stagione non è mai stato importante come quest’anno e la motivazione si intuisce facilmente: influenza stagionale e Covid-19 sono accomunate da una sintomatologia simile e rischiano perciò di sovrapporsi e confondersi, causando non pochi danni alla collettività.
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Dall’inizio della pandemia legata al coronavirus abbiamo imparato a fare del nostro meglio per convivere con l’emergenza in corso, cercando di adottare le misure necessarie a tutelare la nostra salute e quella di chi abbiamo affianco. Sin da subito, abbiamo individuato negli anziani una nelle categorie più a rischio, ma non sono i soli a dover essere protetti: alcune categorie di pazienti affetti da determinate patologie sembrano infatti essere più a rischio di altre.
Una sarebbe quella dei diabetici: lo dicono due recenti studi interdisciplinari, condotti da i reparti di diabetologia, di malattie infettive e di terapia intensiva della Sapienza, Policlinico Umberto I, Sant’Andrea e Santa Maria Goretti di Latina, che hanno indagato in particolare sulla condizione di questi pazienti affetti da Covid-19. Sono così stati identificati fattori che, nei pazienti affetti da diabete mellito, sono maggiormente associati a una prognosi infausta: sono la plurimorbidità cardio-metabolica, la bronco-pneumopatia cronica ostruttiva e l’insufficienza renale cronica, tutte condizioni legate all’insulino-resistenza.
Ciò significa che la presenza di una o più di queste patologie legate al diabete può determinare un rischio di ospedalizzazione più alto. Si è infatti evidenziato come molti pazienti ospedalizzati per Covid-19 presentino patologie cardio-metaboliche (diabete mellito, ma anche ipertensione e dislipidemia).
Che la prevenzione cardiovascolare primaria fosse di fondamentale importanza per la nostra salute era sicuramente cosa nota, ma ribadirlo non è mai nocivo. Soprattutto se, come abbiamo visto, si traduce in una riduzione degli accessi in terapia intensiva e della mortalità tra i pazienti affetti da Covid-19.
La conosciamo soprattutto per il suo ruolo primario nel rinforzo delle difese immunitarie, ma la vitamina C conta innumerevoli benefici per il nostro organismo. Uno, di straordinaria importanza, è stato appena scoperto.
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