Sono tanti gli ostacoli che un malato di Alzheimer affronta ogni giorno. Tra questi, ce n’è uno che può creare disagi profondi contribuendo al suo isolamento, alla sua chiusura in se stesso e alla depressione: parliamo della difficoltà relative alla comunicazione.

Si tratta di un aspetto che per il paziente affetto da Alzheimer riveste un’importanza primaria, perché la malattia investe la sua vita e la sconvolge, modificandola profondamente. Il progressivo deterioramento delle sue capacità cognitive gli impedisce però di adattarsi a questi cambiamenti ed ha bisogno di un sostegno. Se guardiamo le cose attraverso quest’ottica, ci rendiamo conto di quanto siano importanti per il paziente le relazioni interpersonali e, di conseguenza, la comunicazione. L’isolamento è un nemico da aggirare per il malato di Alzheimer, perché contribuendo all’accentuazione di atteggiamenti legati alla malattia (aggressività, diffidenza, ipersensibilità, rabbia, frustrazione) determina un peggioramento ed un’accelerazione nel declino cognitivo dell’anziano, alimentando così un circolo vizioso.

È un errore pensare che la comunicazione sia limitata all’uso del linguaggio verbale, spesso compromesso dalla malattia: certo, la parola costituisce una componente fondamentale nella comunicazione, ma ciò non vuol dire che sia la sola. E poi c’è un aspetto fondamentale che bisogna tenere a mente: il morbo di Alzheimer comporta di solito in tempi brevi la perdita delle funzioni legate al linguaggio verbale, mentre quelle relative alla comunicazione di tipo non verbale avviene più lentamente, perciò le sue potenzialità vanno sfruttate.

Ma cosa si intende per comunicazione non verbale?

La comunicazione non verbale è quella costituita da tutta quella serie di gesti, talvolta involontari, che compiamo nell’espressione di un messaggio e universalmente riconosciuti per il loro significato. Alcuni implicano il contatto fisico, altri no: tutti però sono utili alla stimolazione del paziente e, dal punto di vista emotivo, al suo benessere psichico.

Per favorire una corretta comunicazione non verbale, è bene creare un ambiente accogliente, luminoso e sereno, che favorisca un clima disteso, di apertura, privo di distrazioni e rumori (tv, radio, elettrodomestici). Stiamo attenti alla postura che assumiamo: braccia e gambe incrociati possono dare un’impressione di chiusura nei confronti del nostro interlocutore. Evitiamo di usare telefono o altri dispositivi portatili e guardiamo sempre negli occhi la persona che abbiamo davanti, dimostrandogli che si trova al centro della nostra attenzione. Il contatto fisico è positivo e va incentivato, senza però essere eccessivamente invadenti: una carezza o un tocco leggero sono sufficienti nella fase iniziale. In base alla disposizione del paziente si può poi arrivare ad un gesto più affettuoso, come un abbraccio. Gesticolare è importante perché aiuta moltissimo nel “dialogo”, ma bisogna far attenzione: i gesti devono essere misurati, lenti, e non devono mai intimorire o confondere chi abbiamo davanti. Attenzione infine al tono di voce, che deve essere rassicurante e accomodante, e al suo volume.

Si tratta di piccoli ma efficaci accorgimenti che, adottati nelle quotidiane interazioni con il paziente, possono migliorare notevolmente la sua qualità di vita.