Viviamo sempre più a lungo e questo, purtroppo, vuol dire che gran parte di noi è destinata ad ammalarsi: il 30 % delle persone, superati gli 80 anni, è malata di di Alzheimer e la percentuale supera il 40 % per gli ultranovantenni. Se ne è parlato nell’ultima puntata de Le iene andata in onda lo scorso 14 Ottobre.

Come sappiamo, il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che cancella la memoria di chi ne è affetto, ma non solo: il passato progressivamente e inesorabilmente scompare, parenti e amici diventano estranei e tutte le facoltà mentali si indeboliscono, al punto da dimenticare la funzione banale degli oggetti di uso quotidiano.

È importante che a scomparire non sia anche la vita stessa di queste persone.

È fondamentale infatti che i pazienti, opportunamente assistiti, proseguano la propria esistenza mantenendo vivo il contatto con la propria quotidianità e con il proprio passato, anche quando lontani da casa, attraverso la prosecuzione delle attività e delle abitudini che li hanno occupati nel corso di una vita.

Può essere difficile ed impegnativo interagire con il malato di Alzheimer, ma la dolcezza cura: se è vero che i pericoli e gli ostacoli da affrontare quotidianamente insieme al paziente sono tanti, non bisogna mai dimenticare che chi ha il compito di assisterlo deve farlo con tolleranza, pazienza ed empatia, assecondandone i desideri, rassicurandolo ed evitando ogni forma di aggressività ed imposizione.

Il malato di Alzheimer ha bisogno di sentirsi ancora utile e fa parte dei compiti di chi lo assiste conferire senso sociale alla sua vita contribuendo a conservarne, nei limiti del possibile, la libertà.

Ad oggi non esiste ancora una cura per questa malattia, ed è per questo che l’assistenza dell’anziano, sia all’interno di strutture che a livello domiciliare, riveste un ruolo centrale: tutto ciò che possiamo fare è infatti contribuire con le nostre cure alla sua serenità e al miglioramento della sua qualità di vita.